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ciao Giovanni

Friday, December 30, 2011

FUOCHI D’ARTIFICIO E POLVERE DA SPARO


Le feste paesane conservano ancora la capacita’ di celebrare come comunita’ momenti importanti quali ad esempio la festa patronale. Qualche mese prima si organizza il comitato festa, si delinea pian piano un programma civile e religioso, e la domenica tra messa e mercato vedi scorazzare quel gruppetto di intrepidi volenterosi con un sorriso sempre pronto ed il sollecito a contribuire per la festa. Certo ci sono feste piu’ o meno riuscite, in molti si guarda al cantante di grido per la serata finale, qualcuno da’ un’occhiata al triduo con predicatore  piu’ o meno all’altezza del compito.... ma tutti attendono i fuochi d’artificio!

Ogni festa, piccola o grande che sia, non puo’ rinunciare ai fuochi d’artificio; in alcuni paesi delle nostre parti si fanno addirittura le gare dei “fuochi pirotecnici” su basi musicali, ma anche ‘due botte” sparate dal fuochista di turno vanno bene! L’importante appunto e’ che la festa abbia i suoi fuochi d’artificio. Detto in altro modo e’ un po’ come la classica ciliegina sulla torta.



Quel rincorrersi nella notte di luci e colori, con crepitare di suoni familiari, quel variegato sfarzo di forme e colori trovano tutti la loro origine nella povera e spesso dimenticata....polvere da sparo!   Quante occasioni nella nostra vita che hanno il sapore ed il colore della festa con i suoi incredibili fuochi di artificio? Una festa di matrimonio ad esempio, e’ il coronamento di lunghi anni fatti di timidi approcci, lunghe passeggiate, dialoghi conditi da parole e improvvisi silenzi, progetti sul futuro e poi... il fatidico si’, sonoro e solenne davanti agli amici e parenti in lacrime, si’ fuochi d’artificio.... ma quanta preparazione alle spalle, quanta polvere da sparo, raccolta, accumulata e custodita perche’ rimanga asciutta e pronta all’uso.

    Un successo nel proprio lavoro, una promozione, una nuova vita che inizia, amici ritrovati, dissidi sopiti, conflitti stemperati....tutte forme che sanno di fuoco d’artificio, una festa resa possibile perche’ nel quotidiano rincorrersi di vicende ordinarie, nascoste, quasi insignificanti ci siamo presi cura dell’essenziale: la polvere da sparo!       
                   
   Polvere da sparo e’ credere nei valori ricevuti e continuare con perseranza e quasi testardaggine, al di la’ di ogni difficolta’ che sperimentiamo fuori e dentro di noi; il bambino che finalmente grida le prime parole e’ come il fragore di un fuoco d’artificio, ma solo la mamma sa dei tanti ed innumerevoli tentativi, del balbettio di suoni che ne rappresentano la polvere da sparo. Cosi’ per tutto il nostro quotidiano vivere tra sussulti e delusioni, tra entusiasmi e frustrazioni, tra voli ad alta quota e vuoti d’aria improvvisi, cercando di conservare sempre asciutta quella umile e tanto necessaria polvere da sparo, perche’ la festa non e’ tale senza i desiderati fuochi d’artificio.
    Nel salutare il nuovo anno ripercorriamo i tanti momenti in cui abbiamo conservato la polvere da sparo e via in piazza a celebrare, goditi i tuoi sudati e percio’ancora piu’ belli fuochi d’artificio!  Che la festa abbia inizio!

     un aspirante fuochista


Wednesday, August 3, 2011

LE TENTAZIONI DEL MISSIONARIO


Il mese scorso ero in Italia per il giubileo degli emigranti  e alloggiando presso la nostra casa generalizia ho avuto modo di incontrare tanta gente, missionari che svolgono la loro attivita’ in tanti paesi diversi per lingua e cultura. Al di la’ delle diverse situazioni che si possono vivere c’e’ in tutti il desiderio di portare avanti i valori del regno di Dio e questo con lo slancio e lo zelo tipico di chi e’ stato afferrato dall’amore del Cristo e vuole donarlo ad altri.

Li’ ho incontrato anche p. Enzo conosciuto ai tempi del seminario e con cui non ci vedavamo da una decina d’anni. La gioia di incontrarsi e la voglia di dirsi tante cose (“che hai combinato  in questi anni? Come ti trovi a vivere in un altro paese? Quali sono le soddisfazioni e quali invece le sofferenze?”), un alternarsi continuo di domande e risposte fatte alla luce di una luna che ti illumina fin nel profondo rivelando quanto si muove nell’animo. Piazza Navona, il Pantheon e la gelateria all’angolo facevano come da spettatori al nostro parlare e alla condisione delle nostre esperienze di vita. Del missionario si suol parlare in termini di slancio, coraggio, sacrifici e amore per il Cristo e la sua gente, ma che ne e’ delle sue tentazioni? Tentazioni del missionario?!

                                                          

Quante volte persone vicine (per lo piu’ suore o qualche pia donna) mi hanno avvicinato e promettendomi sostegno e qualche preghiera mi hanno detto sottovoce : “Mi raccomando p. Giovanni alle tentazioni!”. Il pensiero corre rapido a qualche gonnella, al dolce volto che ammicca un sorriso o alla sete di denaro e possesso, oppure ad una vita vissuta da cavalieri solitari al di la’ dei legami di una comunione vissuta con altri missionari (sono questi alcuni degli aspetti salienti dei tre classici voti:castita’, poverta’ ed obbedienza). Ma sono davvero queste le tentazioni del missionario? Non lo credo e il parlare con p. Enzo cosi’ come con tanti altri mi dice che tante altre possono essere le tentazioni e tra queste quella piu’ pericolosa sembra essere quella di vestire il mantello del Messia. Io che pian piano prendo il posto di Dio: mi e’ fin troppo chiara la sua volonta’ (mentre e’ solo una mia idea), la si attua in questi termini ( ed e’ il mio io che cerca spazio)e la gente che incontro diventa pian piano solo un mezzo per assecondare il mio progetto spacciato per volonta’ divina. Non che lo si faccia in mala fede, resta percio’ una sottile tentazione che strisciando si insinua fin nei nostri piu’ santi desideri (ricordate il serpente nella Genesi e il suo :”perche’ cosi’ facendo sarete come dei”?). Mi sono riguardato quanto gli evangelisti ci dicono riguardo le tentazioni di Gesu’; non si parla tanto di gonnelle e sete di possesso quanto piuttosto si insiste su quel :”Se tu sei il Figlio di Dio..”.

                                                              

La tentazione e’ quella di prendere il posto di Dio ed agire come se non si abbia piu’ da imparare, perche’ troppo presi dalle proprie sicurezze di conoscenza e modalita’ operative. Il vangelo di Luca ci ritrae un Gesu’ continuamente alle prese con la tentazione di non agire in umilta’ e debolezza (il demonio prima e gli scribi e la gente poi gli ripetono : “Se su sei il Figlio di Dio…”, “se sei il Cristo di Dio…”, “se tu sei il re dei Giudei..”, “non sei tu il Cristo?”).

Quali son le voci che motivano il nostro impegno pastorale e sollecitano la nostra presenza missionaria? Tutti come battezzati siamo chiamati ad essere missionari e percio’ invitati a discernere contuamente la volonta’ di Dio; noi non possediamo la verita’ semmai siamo da lei posseduti.

                                                                                      
Queste le riflessioni fatte alla luce di una pallida luna e tra le mani un gelato che si consumava troppo in fretta…
                                                                                   Giovanni omi

Monday, July 4, 2011

THE CONSTANT GARDENER

Sitting on the stairs, staring at the wet garden after a suddenly rainstorm which has almost destroyed the little flowers planted last month. Little flowers they call “Italian poksungha”, so weak at the appearance and yet able to bloom again as soon as the sun is back and this will go on until winter comes in. The garden there in front of me… how many years looking after it: trees to prune, weeds to uproot, grass to cut, flowers to plant and water. The different trees have a cycle of their own, each are different in shape and time of blooming and even with their fruits to collect and eat. A garden that can satisfy the eyes with colors and shade, the nose with perfumes in spring and fall season, the taste of its fruits… and yet it changes through the seasons; each season has its place in coming and going as well. A cycle of nature to be acknowledged and respected, simply because “there is a time for everything”.

The main gate to our little garden has stories to tell only to those who have ears to hear an time to seat and listen. How many persons have passed through in coming and going, being a desired guest waited for so long, or people who have just come for business, never mind the intention, all have crossed that gate which has changed the paint color few times. The garden has witnessed  my enthusiasm when cutting the grass and planting the flowers, I did imagine group of friends gathering for a barbecue and a cold beer under the trees’ shade. In that same garden I have walked alone with the desire to be in solitude or because there was a sense of being alone with no one to walk with, out of loneliness. To the garden you give attention and care season after season and yet you receive much more because it is a metaphor of ourselves, where body and spirit are claiming that attention and care. Everything at the proper time and with constant care..

These are some of the thoughts that crossed my mind like clouds in the open sky, carried by the summer breeze… the can of beer I was drinking is now empty, time to return “to be busy” and be carried by the usual activities.


A little reflection about gardening; where is the garden and who is the gardener? Do not make my same mistake of thinking that you were the one, I mean the gardener. I was rather trying to talk about me as a garden always in need of care throughout the seasons and of course of God as the constant gardener. Enjoy your season!                      

                                                                          Giovanni omi

Thursday, June 23, 2011

Polvere di marmo

La maestosita’ di quella cupola, la linearita’ delle forme, l’avvicendarsi delle colonne quasi ad inseguirsi in un gioco plastico dove il grande sembra piccolo e tutto si ricompone in simmetria, e cosi’ san Pietro rimane impresso in noi come solo i capolavori sanno fare. E tra tante opere d’arte ti attrae quel marmo reso cosi’ leggero che sembra far da velo a Maria che accoglie tra le braccia il corpo troppo pesante del figlio morto, altra meraviglia di un genio giovanile che si cimenta a creare forme. E che dire di quel susseguirsi di di figure bibliche in quella cappella Sistina il cui soffitto sembra essere un ritaglio di cielo in terra? Quei corpi che nella loro nudita’ dicono sacralita’ tanto quanto e forse piu’ degli incensi e paramenti sacri usati per la liturgia di quel luogo sacro. Che cosa hanno in comune questi capolavori se non il genio, la sgregolatezza e passione di un uomo che ha fatto dell’arte la sua vocazione? Michelangelo, una passione che lo ha consumato tra consensi e critiche di ogni genere; si racconta di lui che non fosse un carattere facile e delle tante controversie con i suoi protettori, ammiratori e critici.

Mi ricordo di quel fatterello allorquando era alle prese con il Mose’, cosi’ bello e vero ai suoi occhi da gridarli addosso “Perche’ non parli?” e allo stesso tempo qualcuno lo critico’ suggerendo qualche ritocco all’opera. Ecco allora Michelangelo salire la scala, produrre un suono di scalpello e lasciare cadere un po’ di polvere di marmo che aveva nascosto nel pugno della mano. “ E adesso come va?”,  “ Molto meglio” rispose il critico, ritornando a casa contento di aver dato il suo prezioso contributo per la realizzazione di una opera d’ arte.
Quante critiche dentro e fuori di noi! Ecco allora della polvere di marmo quando non si e’ contenti di se stessi per quella discrepanza tra desiderio e realta’; ancora un po’ di polvere di marmo quando le contraddizioni sono pane quotidiano in quegli slanci che si perdono per via prima di raggiungere il traguardo. E allentare ancora il pugno e lasciare che cada ancora polvere di marmo sulle voci e sguardi di quanti sembrano avere sempre da ridire per un ulteriore ritocco di quella statua, opera delle tue mani. Lo slancio di quel genio chiamato Michelangelo e’ visibile in quei capolavori fatti ancora ventenne, ma ancor piu’ affiorano e si sprigionano in quella contorsione dei corpi abbozzati che fuoriescono dalla roccia, chiamati appunto i “Prigioni”. Opera delle vecchiaia e veri capolavori dove la durezza del marmo e’ stavolta insufficiente a contenere ed esprimere il desiderio struggente dell’artista. Si tratta, come noi, di opere ancora e sempre in corso.

     Un ritiro predicato ad un gruppo di sacerdoti, il toccare con mano una grazia cosi’ spessa e densa da poterla tagliare a fette, con confessioni dove l’animo ha nostalgia infinita di innocenza e li’… le voci dentro e fuori per ulteriori perfezionamenti sull’opera che prende forma. Anche qui un’ altra manciata di polvere di marmo. E quando poi sei tu a sentirti sotto esame e le critiche si rivolgono a Dio perche’ faccia i suoi ritocchi beh … allora sara’ Lui, l’Artista,  a scendere quella scala, lasciando cadere polvere di marmo e sedersi compiaciuto di fronte alla sua creatura, invitando noi stessi alla primitiva meraviglia, “cos’e’ l’uomo perche’ te ne curi, il figlio dell’uomo perche’ te ne dia pensiero? Eppure lo hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato” (salmo 8).
Non continuare a stringere i pugni, ma apri la mano e lascia cadere quell’ultima manciata di polvere di marmo!                                                                                                                                   
                                                                                                                  P.      Giovanni omi

Monday, May 23, 2011

ERA IL MAGGIO ODOROSO...


  Le parole del poeta introducono ad una stagione dell’ anno, la primavera cosi’ carica di promesse che diventa simbolo di altre stagioni della vita quando l’ideale e’ presentato come visione che deve alimentare il quotidiano. “Era il maggio odoroso e tu cosi’ solevi menare il giorno...”; qui in Corea e’ proprio il mese di maggio che illustra appieno il carattere di questa gente, che vede nella famiglia e nel lavoro gli ambiti in cui esprimere tutta la sua vitalita’. Si esce da un inverno lungo e rigido ed il tempo e’ occasione per un susseguirsi ininterrotto di celebrazioni: la giornata dei bambini, quella dei genitori, quella degli insegnanti, la nascita del Buddha, le liturgie per Maria, i matrimoni, etc. In questo rincorrersi di celebrazioni, abbiamo cercato anche noi Oblati di trovare un posticino per celebrare la festa di sant’Eugenio.


    Dopo i primi anni in cui la celebrazione aveva luogo nella nostra casa durante la domenica piu’ vicina al 21 maggio, ora tutto si svolge nella vicina parrocchia che e’ santuario dedicato a Maria, nel giorno stesso della morte del nostro fondatore. Come ogni anno e’ occasione per ritrovarsi come famiglia oblata, con quanti ci sono vicini nelle attivita’ apostoliche e in vario modo sostengono e condividono la nostra vita religiosa e missionaria. Gli Oblati da queste parti non sono un gran numero, ma conservano il desiderio di voler abbracciare i confini del mondo (cfr. Fondatore nel 1818), siamo solo otto padri ma di ben sei diverse nazionalita’ (Corea, Bangladesh, Filippine, Sri Lanka, India ed..Italia!), immaginatevi quindi quanto restino valide le parole del fondatore (carita’ dentro e zelo al di fuori). E’ una sfida che siamo chiamati a raccogliere nel vivere l’internazionalita’ con i suoi limiti e le sue potenzialita’, e come diceva Eugenio “benche’ il loro numero per ora ristretto li inducano per il momento a limitare l’ambito del loro zelo”, due di noi partono per altri lidi (Bangladesh e Cina).



E’ la vita che procede tra alti e bassi nella ricerca di una fedelta’ rinnovata nella festa di sant’ Eugenio, in questo “maggio odoroso”, in cui noi cosi’ “soliamo menare il giorno”.

Thursday, March 31, 2011

PROFUMO DI PRIMAVERA


Profumo di primavera Laltro giorno immerso nei miei pensieri mentre uscivo dalla metropolitana sono stato come invaso dal vocio fragoroso di bambini alluscita da scuola. Un rincorrersi lun laltro e gridarsi addosso la voglia di vivere; I maschietti in piccoli gruppi con ai piedi le scarpe da calcio e il sudorere ancora grondante sulla fronte, le bambine invece a due o tre a confidarsi i loro piccoli segreti mentre insieme mangiucchiavano una pizzetta.
Voglia di vivere e freschezza che traspare sui loro volti mentre incuriositi dal mio andare lento e pensieroso mi lanciano un hello goodmorning! e passano oltre ridacchiando tra  di loro.
Il giornale ci ha gia annunziato larrivo della primavera (ipchung) e in ufficio abbiamo gia mangiato i 5 diversi tipi di vegetali (onupap) preparati da una gentile signora. Il calendario ci dice insomma che siamo gia in primavera ed e difficile crederlo quando la temperatura allesterno e ancora sottozero!
Eppure linvito e pressante ad uscire dal nostro letargo e cogliere i segni di una primavera che e gioia di vivere e celebrazione di una vita che continuamente si rinnova. La bibbia stessa ci ricorda di passare oltre e far attenzione ai segni di una primavera che e continuamente alle porte: Vieni mia bella, amore mio, vieni con me. L inverno e passato; la pioggia e terminata, nella campagna  I fiori son sbocciati. Questa e la stagione del cantoVieni amore mio, vieni con me Canto dei cantici 2:10-13)


 Quali sono dunque i segni della primavera?
Quando ero scolaro anchio (non moltissimi anni or sono ) la maestra ci portava sul prato e li tra erba fresca, fiori appena sbocciati e farfalle ai primi voli ci spiegava il ciclo delle stagioni e di come linverno freddo e scuro lasciava pian piano spazio ad una primavera che si annunciava fresca e profumata.
Anche dentro di noi ce una primavera che attende di essere liberata e venir fuori
Ogni qualvolta non ci lasciamo intrappolare dal negativo che e presente dentro e fuori di noi, ogni qualvolta siamo capaci di andare oltre e allora che spandiamo profumo di primavera.
Profumo di primavera e Hussain, lavoratore illegale del Bangladesh che prontamente prepara del cibo del suo paese per un lavoratore del Pakistan che giace infermo in ospedale.
 Profumo di primavera e una bambina buddista coreana e birichina che con la mamma viene a trovarci in ufficio e consegnadomi una lettera mi dice di consegnarla ad un altra bambina mongola che necessita di una operazione; dentro ci sono i soldi con cui la mamma le avrebbe voluto comprare il regalo per natale e che invece lei ha deciso di donare alla bambina mongola.

 Profumo di primavera e l andare oltre cio che rappresenta il nostro limite (conflitti, gelosie, voglia di arrendersi alle circostanze, incomprensioni, differenze culturali). La natura intorno a  noi ci ricorda che allinverno segue la primvera, ce sempre la speranza alla porta.
E noi? Anche noi come piccoli scolari sprigioniamo la voglia di vivere e celebriamo i segni di una primavera ceh puo durare tutto lanno.
                                            

Anche tu puoi essere profumo di primavera

Ciao  P.Giovanni omi

Thursday, March 10, 2011

TRA FRONTIERA E CASA

MAXIME AUTEM AD DOMESTICOS FIDEI
“Si piglia gioco di me?” interruppe il giovine. “Che vuole ch’io sappia del suo latinorum?” Beh, spero solo che questa mia riflessione non produca su di voi una reazione simile a quella di Renzo nei Promessi Sposi al sentir don Abbondio arrampicarsi su espressioni latine cosi strane. La  mia  vuole essere solo un tentativo di riflessione  sull’andare oltre e sul senso della missione. Quale possibile reazione poteva provocare una tale espressione nell’animo di un giovane seminarista alla ricerca di una vocazione missionaria che sembrava come d’improvviso sgorgare tra le rocce di una formazione cosi’ sistematica ed ordinata? I lunghi nove anni del seminario diocesano spingevano alle spalle e consolidavano l’impulso a forzare porte con le mani e spalancare lo sguardo insieme al cuore su distese oltre frontiera.  La frase l’avevo letta su quel libro regalatomi da un Oblato che visitando i seminari si era imbattuto in quel giovane cosi’ ostinato e fermo nel volere superare “la frontiera”.

Poco riuscirono a fare l’affetto dei compagni, la stima dei formatori e le lacrime sui volti dei genitori per quel figlio che si entusiasmava all’oltre. Il libro raccontava la vita dell’allora beato Eugenio de Mazenod, quando anche lui si senti’ come afferrato da una tensione e trascinato a lasciare quanto sembrava solo a portata di mano (possibile matrimonio, carriera militare, contesto nobiliare). Superata l’indecisione , ecco Eugenio che entra in seminario, gli anni di formazione e l’amicizia con Forbin-Janson, anche lui fortemente animato da spirito missionario. “Coerenti con i loro ideali, una volta ordinati sacerdoti, Eugenio era tornato nella sua Provenza e Forbin-Janson era corso dal Papa per proporre un vasto programma di evangelizzazione della Cina. Il Papa gli aveva risposto in un modo che a Forbin-jJanson sara’ sembrato un freno, e che aveva invece incoraggiato e fatto esultare Eugenio; “Il vostro progetto di andare in Cina e’ buono, senza dubbio, ma prima di tutto occorre venire in aiuto delle popolazioni che ci sono d’attorno: maxime autem ad domesticos fidei. Occorrono, soprattutto in Francia, delle missioni al popolo e dei ritiri per il clero”. (cfr “Eugenio de Mazenod, un carisma di missione e di comunione” scritto dal nostro caro Fabio Ciardi).
“Maxime autem ad domesticos fidei” non era certo per me, perche’da me capita solo  come attenzione ai propri, ai familiari, alla patria, ma io volevo fortemente andare oltre e come puledro annusavo solo l’aria d’oltralpe. Altri anni di formazione, lo scolasticato internazionale, l’esperienza di due anni nelle Filippine tra montagne ed isole remote e poi…finalmente la Corea. Ed ancora oltre, la ricerca di nuove forme di apostolato, i lunghi anni sulla strada con gli immigrati, e poi ancora oltre con la visita all’isola di Sakkalin (Russia), il caldeggiato e sospirato progetto d iniziare una missione da quelle parti, le parole incoraggianti del Padre Generale e poi la doccia fredda del Consiglio Generale, perche’ bisognava consolidare innanzitutto la nostra presenza in Corea.  Ancora oltre con il lavoro di predicazione della Parola di Dio attraverso conferenze, ritiri seminari e quant’altro a preti, religiosi e laici. Quante frontiere all’esterno, superate in parte e altre ancore da superare; si’ ma verso dove?

Maxime autem ad domesticos”…. Vi sono altre frontiere e sono quelle dentro di noi, piu’ vicine, intime e forse percio’meno visibili e perche’ no? piu’ difficili da oltrepassare. Quanto vero quello che Agostino scopre dopo tanto vagare, scoppiando in quell’esclamazione : “Ti ho cercato fuori di me e Tu eri dentro di me, piu’ intimo a me di quanto io lo sia a me stesso!”. Ecco il primo “domestico” verso cui innanzitutto dirigersi risolutamente, quando si ha come la grazia di percepirne come il sussurro e ci si scopre afferrati da una inquietudine che non ti lascia piu’ tranquillo. Mi viene difficile esprimere quanto vado avvertendo sempre piu’spesso, che cioe’ il missionario ha bisogno di sapere e sperimentare CASA, e di farvi ritorno spesso, perche’ le possibili molteplici frontiere sono solo rimandi, echi, profumi, sapori di quanto e’ OLTRE e paradossalmente INTIMO. Eccomi allora ancora una volta alla ricerca verso un’ultima frontiera; che sia questo il vero cammino della santita’?
P. Giovanni Zevola omi

Saturday, January 29, 2011

IL MERCATO


Piccoli paesi di montagna dove la vita scorreva con il lento alternarsi delle stagioni e non c’era bisogno della televisione per sapere “il tempo che fa”, era il contatto con la terra ad indicare il calendario delle cose da fare e cosi’ prepararsi per la prossima stagione. Il passare dei giorni era anche ritmato da cadenze settimanali, quali la domenica in quell’ “andare a messa ed al mercato”. Si`, era occasione di “mettere il vestito della domenica” appunto e ritrovarsi a piccoli gruppi al mercato, non tanto per comprare quanto piuttosto per “stare in piazza”ed ascoltare novita`, scambio di notizie e saluti e rinfrancare cosi` legami umani dettati da simpatia, parentela o semplice conoscenza. C’era anche l’andare a messa, talvolta forse piu’ per abitudine che per personale convinzione, eppure il tutto diceva senso di appartenenza e legami tra uomini e cose, e con un Dio di cui si coglieva la presenza in chiesa e forse ancor piu` in quell’ alternarsi di giornate ritmate da faccende da sbrigare tra famiglia, casa, stalla e campi. Ancora oggi capita di rivedere questi piccoli mercati settimanali e verrebbe voglia di ringraziare quanti espongono la loro merce, non tanto per quello che offrono sui loro banconi quanto per l’occasione che creano per ritrovarsi e scambiare quattro chiacchiere.

In maniera lenta e progressiva queste scene stanno scomparendo ed il mercato non e’ piu` settimanale, non occorre piu` uscire ed andare in paese; “il mercato” viene in casa a tutte le ore, anche quelle piu` sacre quando la famiglia stenta a ritrovarsi intorno alla tavola per mangiare insieme e nutrirsi anche di quei rapporti semplici che sostengono le relazioni familiari. Ai fruttivendoli e venditori vari del mercato di paese subentra una televisione sempre accesa che propone la “solita mercanzia”, con toni sempre piu` accesi ed urlati. E non c’e` possibilita` di dialogo, di una risposta pacata che nasce da riflessione personale o di gruppo. Si e’ come bombardati, sotto assedio con notizie che non sollevano, non nutrono, ma che alimentano disagio e rendono pesanti e disfattisti, perche` questo e` “il tempo che fa”.
“Temporali, alluvioni, terremoti, inondazioni” non climatici ma di informazioni su scandali e politica di un paese che sembra aver perso l’orientamento, perche’ incapace di guardare in alto e fissare le stelle.
Disorientati ci ripetiamo addosso quanto appena ascoltato e non riusciamo a digerire, perche` troppe informazioni gridate a squarciagola non riescono a traformarsi in formazione personale o di gruppo. Ci manca la capacita` di far decantare, di far posare e valutare e quindi di avere opinioni e chissa` anche qualche convinzione personale.

Il vino, quello buono, quello fatto in casa che bisogna “far posare” e non agitare, bello da vedere e ancor piu` da gustare in compagnia, perche` schietto e naturale. Ne avete ancora qualche bottiglia in cantina? Conservatela con cura e bevetela con gusto intorno a quella tavola dove le informazioni si fanno personali ed hanno tutto il sapore dello scorrere lento del tempo e dell’alternarsi delle stagioni.

A buon intenditore poche parole.