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ciao Giovanni

Friday, December 31, 2010

ASPETTANDO IL NUOVO ANNO


Ogni nuovo anno e’ carico di promesse e speranze. Aspettando il nuovo anno si fanno nuovi propositi e piccoli progetti: perdere qualche chilo di troppo con una buona dieta e qualche esercizio fisico, contattare o visitare amici che non vediamo da un pezzo, leggere qualche buon libro, visitare quella localita’… Piccoli progetti ma che dicono tutta la nostra voglia di ricominciare, di lasciarsi alle spalle il vecchio anno con la sua pesante quotidianita’ ed entrare invece nel nuovo anno con rinnovato vigore e con l’ augurio che sia migliore. Non mancano certo attivita’, incontri e feste per celebrare l’arrivo del nuovo anno, si va dalle cene tra amici ai veglioni di fine anno con tanto di balli e musiche.
Dalle mie parti si celebrava in maniera un po’ insolita: la notte di san Silvestro (ultimo giorno dell’anno) al suonare della mezzanotte la gente lanciava dalle finestre piatti e bicchieri vecchi, qualche stoviglia… Un modo piuttosto concreto di buttare via il “vecchio” e fare posto al “nuovo”, la voglia appunto di novita’, di ricominciare con rinnovato slancio.



Vi ricordate il film “Mission”? E’ la storia in particolare di due missionari gesuiti nelle missioni del Sud-America. L’ho rivisto tre-quattro volte ed ogni volta resto colpito dalla scena dove un missionario (Robert De Niro) trascina dietro di se’ un bagaglio che contiene la sua armatura di ex-soldato. Per gelosia aveva ucciso un suo amico ed ora come penitenza si trascina dietro la sua pesante armatura. La scena fa vedere questo ex-soldato che si arrampica lungo delle cascate ed ogni volta che il pesante fardello rotola a valle, scende giu’ a riprenderlo e ricomincia la salita. Alla fine sulla cima incontra un indigeno che con la spada gli si avvicina, solo per tagliare la corda che lo lega al suo passato. Il bagaglio precipita a valle e l’ex-soldato abbracciando l’indigeno scoppia in un fiume di lacrime liberatorie. Ora libero da quanto lo legava al suo passato puo’ ricominciare la sua nuova vita di missionario.



Cosa e’ che ci lega e ci impedisce di camminare in scioltezza? Il nostro passato puo’ divenire un pesante fardello che fatichiamo a trascinare con noi: incomprensioni, piccoli conflitti, gelosie…Tutto questo puo’ generare un senso di pesantezza e un blocco nelle nostre relazioni a livello personale, familiare e di comunita’. E allora?
Facciamo nostre le parole di san Paolo: “ Se uno e’ in Cristo e’ una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor. 5, 12).
Quest’ anno cosa possiamo gettare dalla finestra? Liberiamoci di quanto ci ostacola nella nostra corsa verso la santita’. E con san Paolo gridiamo anche noi : “dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta” (Fil 3, 13).

Buon anno cosi’ !

Friday, December 24, 2010

L’ATTESA E POI LA SORPRESA!


Quante volte il desiderio ci ha portato altrove, in altri spazi, in altri mondi quasi a voler trovare quella pace e serenita’ che la vita quotidiana sembra negarci. E abbiamo immaginato la “vacanza da sogno” dove liberarsi da ogni stress e condizione; questo il tentativo di ognuno di noi e anche per chi, con animo religioso, ha guardato al “cielo” come spazio di liberta` ed armonia. Quando ci si sente pressati dall’andirivieni della nostra vita allora l’altro, il diverso, lo straordinario appaiono all’orizzonte come dolci sirene pronte ad appagare quel nostro desiderio di sfuggire all’ordinario. E’ il tempo dell’ attesa, che va dall’aspetto laico ( “ancora qualche settimana e poi finalmente le sospirate vacanze”) a quello piu’ religioso ( “un giorno il Regno di Dio sara’ realta’ piena”). Il tempo di preparazione al Natale e` proprio questa attesa di qualcosa di diverso o meglio di Qualcuno che venga dall’alto e con il profeta Isaia abbiamo guardato al cielo facendo nostra la sua invocazione: “Oh se i cieli si squarciassero e facessero piovere il Giusto”.
Da un parte il desiderio di altro, di cielo ed insieme la constatazione della difficolta`, della differenza appunto tra cielo e terra. Attesa di qualcosa di diverso, di straordinario, di un cambiamento radicale che nasce da un cuore insoddisfatto dal presente, da cio` che viviamo nelle relazioni con gli altri a cominciare da quelli piu` prossimi. Le insoddisfazioni come risultato delle nostre stesse ambizioni e la voglia d’altro appunto, espressa anche in un Dio che sia, almeno lui, “straordinario”.

L’avvento vissuto come attesa e poi il Natale che ci sorprende, perche’ troppo “ordinario”. Ai pastori alle prese con le occupazioni di ogni giorno, nella notte di veglia appare una grande luce e gli angeli indicano un segno che non ha niente di straordinario:             “ un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Tutto qui? Dov’e` dunque il tanto sospirato diverso, l’altro, il celestiale?

Dall’attesa alla sorpresa; quella di un Dio che dall’alto dei cieli si rivela nel quotidiano, nell’ordinario. La Parola che si fa uomo, si fa carne, che e` la nostra debolezza, fragilita`, precarieta’. Il segno del Natale in quel bimbo che ha bisogno di accoglienza, di cura, di premure e attenzioni che solo lo sguardo di una Madre sa cogliere in profondita`. Accogliamoci dunque l’un l’altro nelle fragilita’ vissute, nelle disillusioni sperimentate e nelle fragilita’nascoste, in uno slancio che nasce solo dalla fede di chi scopre lo “straordinario” nel nostro quotidiano.
Buon Natale a tutti ed a ciascuno in particolare.

Saturday, December 4, 2010

COSTRUIRE PONTI



Il ponte di Brooklyn, il Golden di San Francisco, il ponte di Londra e per non andare troppo lontano i diversi ponti che attraversano Han River qui a Seoul. Oltre la loro bellezza i ponti hanno una funzione fondamentale: facilitare la comunicazione tra due sponde. Ogni qualvolta si incontra una distanza (fiume o valle) i ponti sono l’unico modo di superare le difficolta’ e danno la possibilita’ di comunicare tra luogi diversi.

Il popolo di Israele ha cercato di colmare la distanza con loro Dio; talvolta la relazione (“Dio e’ il nostro Dio e noi siamo il popolo da lui scelto”) ha subito delle incrinazioni e difficolta’ e per ristabilirla c’e’ stato bisogno della presenza e della azione dei profeti. Essi erano delle persone sceltre da Dio per parlare al suo popolo e ricordare loro il suo amore fedele. Ogni qualvolta il popolo si allontanava dal suo Dio era compito del profeta costruire dei ponti per ristabilire la relazione tra le due parti (Dio e il popolo di Israele). Costruire ponti significa facilitare la comunicazione e permettere alle persone di incontrarsi e nella conoscenza reciproca di superare le difficolta’, preconcetti e possibili incomprensioni.

Vi ricordate quanto avvenne non molto tempo fa quando i due Kim si incontrarono a Pyongyang e l’impressione che hanno suscitarono su tutti noi? La distanza creata in 50 anni (dalla guerra di Corea)  sembrava come colmata e questo perche’ i due presidenti erano stati capaci di costruire un ponte fatto di rispetto reciproco, accettazione e amicizia. Gli incidenti successi qualche settimana al confine tra le due Coree ci ricordano che la riunificazione del paese non e’ cosa facile da fare in un sol giorno ma ha bisogno di sforzi reciproci per superare distanze che rischiano solo di dividere ed isolare.
Consideriamo la nostra situazione dove ad esempio i lavoratori stranieri vengono in contatto tra loro e con la nostra societa’. Quanti sono i preconcetti, le incomprensioni e le difficolta’ legate al fatto che abbiamo una diversa storia, cultura e lingua? Certo ci sono le difficolta’ ma cosa facciamo per superarle? Stiamo cercando di costruire ponti fatti di comprensione reciproca in modo tale da accogliere l’altra persona con la sua differenza? Non cerchiamo grandi eventi quanto piuttosto i contatti quotidiani e le piccole esperienze, che possono consolidare le nostre relazioni.

Con il battesimo partecipiamo alla regalita’, sacerdozio e profezia di Cristo; la nostra e’ una vocazione profetica, siamo infati chiamati a costruire ponti!

Sunday, November 14, 2010

PRENDITI CURA DEL TUO CAVALLO


La mia mente di ragazzino era popolata di eroi, allora non c’erano eroi spaziali di quelli che ora invadono la nostra Tv, bastava leggere un libro di storia  e i vari personaggi prendevano forma e continuavano le loro gesta epiche. Alessandro Magno, Giulio Cesare, Napoleone…tutti eroi che avevano in comune un compagno in tutte le loro vittoriose battaglie. Tutti loro cavalcavano un cavallo (bianco o nero aveva poca importanza) di fatto era come la loro arma segreta capace di risolvere ogni loro difficolta’, bastava salire in sella e galoppare veloci sicuri del successo. Per non essere imparziale e considerando il fatto che vivo in Oriente dovrei aggiungere alla lista Gengis Khan, lui poi sembra che non sia sceso mai da cavallo tanto veloce e’stata la sua corsa vittoriosa, con susseguirsi di battaglie sempre vittoriose. Eroi tanti, diversi per carattere e cultura ma accomunati dal loro cavallo, simbolo di potenza, vigore, slancio e voglis di andare sempre oltre…
Durante le vacanze facevo ritorno a casa e mi immergevo nei lavori dei campi, aiutando I miei genitori ed ero solito prendermi cura delle mucche. Le accompagnavo al pascolo e in sella ad un cavallo mi sognavo anch’io piccolo cowboy alla conquista del West. Il futuro era davanti a me e  lo immaginavo come un continuo progresso, una scalata rapida, un andare oltre, superando ogni possibile difficolta’.

Il cavallo e’ pura forma, straordinaria bellezza, vigore ed armonia, e non pensiate che questo sia un pensiero solo mio, date uno sguardo alla bella descrizione che ne da` il libro di Giobbe (39:19-25).Eppure dice il salmo “il cavallo non giova per la vittoria , con tutta la su forza non potra’ salvare” (salmo 33, 17).
Mi ricordo le volte che cavalcando e lasciando scorazzare la mia fantasia mi sono ritrovato con la faccia a terra, caduto da cavallo con il corpo dolente e le lacrime agli occhi. La vita non e’ facile e il quotidiano ci ricorda che qualche volta occorre scendere da cavallo e tastare il terreno, camminare a piedi, e prendersi cura del proprio cavallo perche’ci accompagni ancora nelle nostre “battaglie quotidiane”.
Tutto questo e’ una metafora della nostra vita alimentata da ideali e sogni che ci permettono di andare avanti con slancio e rinnovato vigore. Tutto cio’ che abbiamo imparato perche’ altri ce lo hanno insegnato (genitori, amici, conoscenti, compagni di lavoro) o perche’ la vita stessa ci e’ stata maestra, tutto questo e’ il nostro cavallo di battaglia. Di lui occorre prendersi cura, strigliarlo, alimentarlo perche’ ci guidi e ci faccia eroi non di libri di storia, ma di quella vita che ogni giorno si presenta davanti con le sue gioie e slanci cosi` come con le sue pene e delusioni. Eroi del quotidiano, insomma.
Allora prendiamoci cura del nostro cavallo!
                                                               Firmato: un cavaliere, ma non solitario

Sunday, November 7, 2010

Dammi la luna!

Quante canzoni , poesie, romanzi, racconti ed espressioni che hanno  la luna come soggetto, tentando di esprimere il significato che essa ha per ognuno di noi. Basta rivolgere il nostro sguardo alla luna per che’ i nostri cuori si riempiano di romanticismo, e casomai affiorano nostagici i ricordi di quando per la prima volta innamorati sotto la sua luce argentea eravamo pronti a dare tutto alla persona amata:”Ti darei anche la luna, se fosse possibile!”
                                                   
La luna e’ stata anche testimone dei nostri momenti di solitudine e malinconia quando delusi da una situazione di vita piatta e uniforme, speravamo in un futuro migliore, una occupazione piu’ soddisfacente, una famiglia piu’ serena e.. chi ne ha piu’ ne metta. Eventi lieti e momenti tristi hanno riempito i nostri cuori e, lo sguardo della luna nella notte ci dava la possibilita’ di lasciare decantare il tutto, facendo passare la tempesta dei sentimenti e guardando di nuovo il mondo con occhio piu’ sereno e realistico.
In tutte le culture la luna occupa un posto di rilevanza, ordinando le stagioni con le sue fasi, l’alternarsi dei mesi, il tempo della semina e del raccolto e nella luna la gente proietta i propri sogni ed attese. Quella luna che ammiriamo di notte, affascianti dalla sua luce, rimane li’ quieta, silenziosa, attenta ascoltatrice dei nostri pensieri e serena continua ad illuminarci coi sui rivoli d’argento.Le notti, proprio quelle che ci tengono svegli sembrano rivelarci i loro profondi significati alla luce di quella stessa luna.
Diamo ora uno sguardo alle nosttre vite, cosi come si presentano nella loro immediatezza: con chi hai la possibilita’ di condividere i momenti lieti cosi come quelli tristi? E’ solo la condivisione e la riflessione sul nostro visuto che ci rende capaci di scorgere i significati profondi e nascosti dandoci la possibilita’ di rialzare lo sguardo riempiti di unanuova speranza. Noi siam l’un per l’altro come la luna: sempre li’, quieti, sereni, in silenzio , disponibili all’ ascolto e cosi’ facendo illuminiano i nostri compagni ed amici.
La luna ci insegna una grande lezione: risplende nella notte, compagna della nostra vita, conosce i desideri del nostro cuore e ci ricorda che la sua luce e’ riflessa, proviene infatti dal sole. Cosi’ e’ per noi, se vogliamo dare luce e consolazione agli altri abbiamo bisogno di rivolgerci al sole; facciamo in modo che Dio sia quel sole splendente che continua a riscaldarci con i suoi raggi.
Continua a risplendere!

Wednesday, October 27, 2010

Pronti si parte!

La societa’ qui in Corea cosi come altrove e’ testimone di rapidi cambiamemti che influenzano la nostra stessa vita, ultimamente si sta cercando di implementare la settimana di cinque giorni lavorativi e cosi’ si ha a disposizione tutto il fine settimana. Che fare? Tempo da trascorrere in famiglia, coltivare qualche hobby e possibilmente una escursione fuori citta’. Le autostrade somigliano sempre piu’ ad immensi parcheggi e soprattutto nei weekends ognuno cerca di trovare nuove mete e luoghi da visitare. Certo questo non e’ il caso della maggior parte dei lavoratori stranieri “costretti” a lavorare tutti i giorni e per lunghe ore..Per una volta diamo spazio all’immaginazione e consideriamo la possibilita’ che il nostro manager decida di darci una intera settimana di vacanza! Cosa vi piacerebbe fare e soprattutto dove andare?
Paesi esotici, spiaggie solitarie, montagne innevate, localita’ ricche di storia, difficile scegliere con tante possibili mete, c’e’ molto da vedere e sperimentare mentre cerchiamo qualcosa di nuovo, diverso, piu’ interessante e stimolanrte di quanto viviamo ogni giorno.

Pronti si parte…i primi giorni sono davvero eccitanti, tutto ha il sapore della novita’, troppo poco tempo per tutto quello che c’e’ da vedere. E dopo un po’, strano ma vero un senso di nostalgia ci prendee sorprende; ci manca il sapore di quel piatto particolare, l’aroma di un caffe’ espresso fatto come si deve, il suono familiare della nostra lingua, la famiglia, gli amici… ed e’ bello tornare a casa e riscoprire in maniera nuova tutto quanto a volte abbiamo rischiato di dare per scontato.
Ogni qual volta ritorno in Italia per vacanze cerco di trascorrere la maggior parte del tempo nel mio paese natio, incontrando vecchi amici, lavorando nei campi e riscoprendo la natura in tutta la sua bellezza e semplicita’.. Cosi facendo ho l’opportunita’ di scoprire la ricchezza e bellezza delle cose piu’ ordinarie e semplici e allo stesso tempo la profondita’ di quanto ci portiamo dentro. Il viaggio piu’ soprendente ed arricchente non e’ quello che possiamo fare al di fuori quanto piuttosto quello che ci riporta dentro, al centro di noi stessi. San Agostino esclama nella sua autobiografia: “Mio Dio ti ho cercato in tanti modi al di fuori, in tante esperienze diverse ed ora, soltanto ora scopro che Tu sei dentro di me, cosi’ intimo a me piu’ di quanto lo sia io a me stesso”.
Ogni giorno e’ ricco di eventi, persone che incontriamo, storie che condividiamo e  tutto questo rappresenta lo scenario del nostro viaggio all’interno, la strada che ci conduce alla riscoperta della bellezza e ricchezza della presenza di Dio nelle nostre stesse esistenze.
Troviamo il tempo necessario per questo viaggio e percorriamo con gli altri l’itinerario che ci porta a scoprirci luogi santi, santuari della presenza di Dio stesso. Vi auguro un piacevole viaggio di ritorno a casa!

Sunday, October 24, 2010

Di che film si tratta?

“Di che film si tratta?”, capita talvolta durante la prima colazione, seduti intorno alla tavola, mangiucchiando qualcosa prima di entrare nelle attivita’ della giornata che si apre davanti. “Di che film si tratta?”, “Non so bene ho solo letto la trama, ma gli attori sono ben conosciuti e poi il regista e’ quello famoso...”. Un nuovo film e’ appena uscito e nel dubbio se ne valga la pena, la conferma viene dagli attori celebri ed in particolare la garanzia e’ data dalla firma del regista. Ci possiamo dunque fidare, prenotare i biglietti e gustare la trama di questo nuovo film.


Estrema periferia di Nagoya (Giappone), l’allarme della sveglia e’ anticipato dal canto delle suore Missioniarie della Carita’(quelle di Madre Teresa) che in cappella gia’ cantano e pregano le lodi mattutine. Seduto ora alla scrivania, guardo attraverso la finestra i campi di riso pronti per la mietitura, i contadini che si avviano ai campi portando nelle mani gli arnesi necessari, i bambini con il berretto giallo che si lasciano condurre dai nonni alla fermata dell’autobus, i ragazzi e le ragazze con l’uniforme scura in sella a bici troppo simili che sembrano sciamare verso scuola, il signore che porta il cane a passeggio tra i campi, su cui vola alto un gruppo di corvi in attesa sicura di qualche acino di riso lasciato tra i solchi. Scena puntuale che ogni mattina mi ritrovo non solo a guardare, ma quasi a gustare e contemplare, il tutto avvolto in un silenzio di fondo, poche voci, niente schiamazzi, una calma che sembra essere l’animo di un popolo pur sempre in movimento, in gesti quasi abituali, sincronici, come se fossero chiamati a recitare una parte loro assegnata da un regista che e` li` dietro le quinte di uno scenario che e` il mondo stesso.
Quale dunque il mio scenario, quale il dramma che ognuno di noi vive, quale la parte che si e` chiamati a svolgere? Sono forse io il protagonista principale di una storia che si articola su una sceneggiatura da me certo non scritta; e d’altronde non sono certamente un semplice spettatore, restando alla finestra. Scendo anche io in campo ed inforcata una bici sembro voler solcare quei campi di riso dopo il raccolto, ma pronti ad una nuova semina e piantagione; i contadini ne bruciano le stoppie mentre una solerte anziana signora copre con paglia il giardino che affrontera’ il rigido inverno. Sono forse io il protagonista d questo film? Non certo l’unico attore, perche` troppi i possibili ruoli per una sceneggiatura che attraversa spazi e tempi ed ancora non raggiunge il fine; si e` parte dunque di un dramma che che si svolge lento, continuo, con le sue stagioni, tra raccolti e semine, afa d’estate e rigori d’inverni rigidi. Quello che mi consola, oltre la varieta` dei personaggi e dunque possibili attori e` lo sguardo attento del regista (quello famoso) che sostiene i passi incerti e la voce fioca degli attori alle primi armi. Assorto in questi e simili pensieri sono richiamato dal tintinnio della campanella, e` l’ora di celebrare messa, mi preparo, mi vesto in sagrestia e la liturgia mi prende come per mano, guidandomi in un dramma ancora una volta ripresentato, sempre unico, ma che avvolge ogni spazio ed ogni tempo, anche il mio anche il tuo. Chiamati a farne parte, da protagonisti al di la` delle titubanze, fissando lo sguardo alle indicazioni sicure del regista (quello famoso). Non un nuovo film questa volta, ma un film sempre nuovo, mi chiedero` ancora “Di che film si tratta?”.

             (Giappone, ritiro annuale alle Missionarie della Carita`, che lavorano in Corea, Giappone, Sakkalin-Russia e Mongolia)

Saturday, October 2, 2010

" I believe in angels "


Non ho alcuna intenzione di aggiungere un altro capitolo ai volumi di disquisizioni teologiche e filosofiche sulla natura degli angeli cercando come di enumerarne qualita fisiche e caratterisistiche proprie nel loro particolare ruolo di mediazione tra Dio e gli uomini. Il cercare timidamente come di scostare le loro ali che pudicamente coprono quanto ha dato adito a dibattiti teologici nei secoli scorsi e una tentazione che accantono subito.
Quante sono le schiere angeliche? Quale la loro natura? Se gli angeli esistono, quale e la loro particolore funzione? Tante sono le possibili domande a cui pur tentando non si potrebbe dare mai delle risposte sia pur plausibili. Allora tralasciamo ogni possibile trattato in materia e vi racconto quello che io so a proposito degli angeli.
 Gli angeli sono una espressione di quella costante e premurosa attenzione materna di Dio nei confronti della umanita.
Una signora distinta sui cinquantanni, vedova da qualche anno ed ora felice nonna che di tanto in tanto si fa presente con una telefonata. Padre, sicuramente e molto preso dal suo lavoro, ma che ne dice di un invito a pranzo?. Ed eccola li sorridente ed elegante ad aspettarmi allingresso del ristorante; ottimo pranzo a base di pesce crudo e condito dalle sue domande che rivelano una attenzione costante e premurosa. Senza troppi discorsi ed in maniera piu che concreta sperimento cosi una presenza angelica.
Che dire di Joseph e Maria (gli angeli vivono anche in coppie) che aspettano la nostra comunita in un giardino pubblico per mostrarci la loro casa che mettono a disposizione per le nostre vacanze annuali? Medico lui, professoressa di universita lei, distinti, discreti ed I loro gesti confermano ancora una volta il messaggio evangelico delle cento madri, padri, sorelle e fratelli.
Ogni volta che vado in diocesi per incontri mensili o semplicemente per affari eccomi apparire il volto sorridebnte di Jacopo, un prete coreano che lavora nella amministrazione diocesana. Giovanni, come va? Vivere in terra straniera non deve essere facile Quando vuoi contattami e vediamo di organizzare una uscita insieme. Angeli in clergyman? Si vede che si aggiornano anche loro!
Ci sono poi angeli domestici, quelli che te li ritrovi sempre intorno come Maria ad esempio. Due volte a settimana viene in casa per preparare qualcosa da mangiare, non parla molto ma e sempre pronta a canticchiare (che faccia parte dei cori angelici?) e credo abbia un debole per Bocelli! Ha le chiavi di casa e viene a tutte le ore: un piatto particolare appena preparato, dei vestiti per la gente che incontriamo nei nostri ministeri, la spesa fatta a notte tardi, una tisana per I nostri primi raffreddori
E le schiere angeliche? Come il gruppo di Cecilia, una nonnina tutta pepe, che periodicamente invade la nostra casa per le pulizie; volti di cui non conosco neppure il nome e che mi dicono ancora una volta quella attenzione costante e premurosa di un Dio che ha promessosono con voi per sempre.
Questi alcuni dei miei angeli, arcangeli, cherubini e serafini, sono uomini e donne che esprimono la presenza di Dio sui nostri cammini fatti di gioie e sofferenze ma conditi sempre da una speranza che non delude.
Questi I miei angeli ed ognuno di noi potrebbe parlare dei propri: quanta gente ti estata vicina? Quanti ti hanno sorriso ed acclto? Quanti ti hanno preso in cura ed amato?
La prossima volta ci incontriamo raccontami dei tuoi angeli

                                                                P. Giovanni omi

Wednesday, September 29, 2010

VANGELO SENZA CONFINI ?


Fare parte del gruppo missionario, organizzare la pesca missionaria, leggere riviste missionarie (come non ricordare le vicende di Nerofumo nel “Piccolo Missionario”), pregare per i missionari nel mondo (e c’era l’operazione “Passare i mari”, attraverso la quale si aiutavano i missionari nelle diverse nazioni) e poi avanti... mi sono ritrovato come condotto sulla soglia d’ingresso del noviziato dei Missionari Oblati. Cosi` sono cresciuto nella vocazione missionaria che mi ha portato ad “andare oltre” a superare i confini geografici della patria e gli affetti dei familiari, amici e compagni di seminario.
Quando hai di fronte una simile persona come non invitarla a dare la sua testimonianza?  “Venga Padre e ci parli della sua missione”, cosi` negli anni scorsi mi e` capitato di soddisfare piu` di una richiesta, visitando comunita` oblate in Italia, parrocchie e gruppi vari. “Padre ci dica cosa significa essere missionari” e cosi` poco alla volta nell’ascolto di esperienze e fatti della missione, non importa se in quell’ Africa tra foreste e deserti quasi sempre bisognosa di un qualcosa, nella pampas sconfinata, costellata di mandrie al pascolo, o tra le risaie e i fiumi di un Asia da sogno) si notano come dei cliche`: un vangelo che continua la sua corsa, confini geografici quasi sempre da superare, la vocazione specifica di alcuni, e il ribadire che tutti siamo missionari con l’ invito alla preghiera e perche` no... una mano al portafoglio!

Lo scorso anno ho avuto l’ occasione e la grazia di un anno sabbatico ( un periodo vissuto fuori dal solito tran tran) e quindi si sono moltiplicate le occasioni per riascoltare quell’ invito: “Venga Padre, ci parli della missione”. E devo confessare che con il passare degli anni quel cliche` su cui organizzare il mio discorso sembrava vacillare e le domande trovavano maggiore spazio di tante risposte troppo spesso confezionate ad hoc. Mi sono chiesto se l’essere missionario a 10.000 chilometri “dall’amata patria” e dall’abbraccio dei tuoi, insieme alla privazione di quella pasta fatta in casa (scordatevi la Barilla!) sempre accompagnata da prodotti tipici nostrani (leggi capicollo e caciocavallo) e innaffiati da quel vino di cui ora puoi ancora ammirare i grappoli maturi e i pampini ingialliti dal sole autunnale, se tutto questo sia il necessario che ti fa` missionario.
Se l’andare oltre, il superare la frontiera, e` tipico del missionario, allora gli altri lo sono solo nel cooperare con aiuto materiale e spirituale?
Queste e tante altre domande mi hanno fatto visita e ho dato loro accoglienza, senza farle subito incontrare con risposte veloci ed esaustive. “La domanda e` figlia dell’ ignoranza -diceva Aristotele- ma la domanda e` anche madre della sapienza”. E allora rimango un missionario con tante domande, che ne pone anche qualcuna : “Tu di che squadra sei?”
Cosi` si puo` iniziare con i bambini ed ecco le risposte immediate, quasi gridate e sempre di parte “ Forza..... ( inserire qui il nome della squadra del cuore)”. Al bambino per essere tifoso non basta mettere in risalto la bravura dei giocatori della propria squadra, ma occorre parlare male delle altre squadre, soprattutto di quella piu` vicina, di quella della stessa citta`. Per un bambino e` normale fare cosi`, e noi grandi sorridiamo a quelle grida “Forza Inter, abbassa Milan” ( o viceversa).
Ma noi un po` piu` cresciutelli come e cosa “tifiamo’? Qual’e` la nostra squadra? Riusciamo ad accettare quelli della “squadra avversaria”? e mi riferisco alla “squadra” che e` la famiglia, qualsiasi gruppo di appartenenza, gruppo ricreativo o religioso, appartenenza politica o sociale. Sappiamo riconoscere di avere dei confini (di formazione intellettuale, culturale, politica, religiosa) e che queste frontiere vanno superate? C’e` l’accettazione del limite e la volonta` di un suo superamento? Ecco dove sta l’oltre confine, l’andare oltre; non e` questo forse essere missionari?
Vi sono infatti confini meno evidenti di quel 38 parallelo che taglia in due una nazione come la Corea, eppure piu` difficili da affrontare e superare. Chi e` dunque il missionario?
Quelle piccole vicende che non riempono certo le prime pagine dei giornali, ma le nostre giornate si`: incontri, piccole gelosie, conflitti in ambito familiare e con il compagno di ufficio, quei silenzi che occupano troppo spazio.. ( aggiungere qui a piacere, secondo la propria esperienza), tutto questo e` il confine, la frontiera, il limite.
Ed ogni qual volta con pazienza e perseveranza si cerca di andare oltre, nel superare il confine e` allora, si` proprio allora che si e` missionari. Quando quelle piccole forme di ostilita` vogliono essere occasione di possibile ospitalita`, e` allora che la nostra vocazione e` missionaria.
Tra le tante possibili domande , ti chiedo di accogliere questa ultima: “ Ma tu di che squadra sei?”                                                                                  
firmato
                                                                                 Un tifoso,  non ultras