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Wednesday, September 29, 2010

VANGELO SENZA CONFINI ?


Fare parte del gruppo missionario, organizzare la pesca missionaria, leggere riviste missionarie (come non ricordare le vicende di Nerofumo nel “Piccolo Missionario”), pregare per i missionari nel mondo (e c’era l’operazione “Passare i mari”, attraverso la quale si aiutavano i missionari nelle diverse nazioni) e poi avanti... mi sono ritrovato come condotto sulla soglia d’ingresso del noviziato dei Missionari Oblati. Cosi` sono cresciuto nella vocazione missionaria che mi ha portato ad “andare oltre” a superare i confini geografici della patria e gli affetti dei familiari, amici e compagni di seminario.
Quando hai di fronte una simile persona come non invitarla a dare la sua testimonianza?  “Venga Padre e ci parli della sua missione”, cosi` negli anni scorsi mi e` capitato di soddisfare piu` di una richiesta, visitando comunita` oblate in Italia, parrocchie e gruppi vari. “Padre ci dica cosa significa essere missionari” e cosi` poco alla volta nell’ascolto di esperienze e fatti della missione, non importa se in quell’ Africa tra foreste e deserti quasi sempre bisognosa di un qualcosa, nella pampas sconfinata, costellata di mandrie al pascolo, o tra le risaie e i fiumi di un Asia da sogno) si notano come dei cliche`: un vangelo che continua la sua corsa, confini geografici quasi sempre da superare, la vocazione specifica di alcuni, e il ribadire che tutti siamo missionari con l’ invito alla preghiera e perche` no... una mano al portafoglio!

Lo scorso anno ho avuto l’ occasione e la grazia di un anno sabbatico ( un periodo vissuto fuori dal solito tran tran) e quindi si sono moltiplicate le occasioni per riascoltare quell’ invito: “Venga Padre, ci parli della missione”. E devo confessare che con il passare degli anni quel cliche` su cui organizzare il mio discorso sembrava vacillare e le domande trovavano maggiore spazio di tante risposte troppo spesso confezionate ad hoc. Mi sono chiesto se l’essere missionario a 10.000 chilometri “dall’amata patria” e dall’abbraccio dei tuoi, insieme alla privazione di quella pasta fatta in casa (scordatevi la Barilla!) sempre accompagnata da prodotti tipici nostrani (leggi capicollo e caciocavallo) e innaffiati da quel vino di cui ora puoi ancora ammirare i grappoli maturi e i pampini ingialliti dal sole autunnale, se tutto questo sia il necessario che ti fa` missionario.
Se l’andare oltre, il superare la frontiera, e` tipico del missionario, allora gli altri lo sono solo nel cooperare con aiuto materiale e spirituale?
Queste e tante altre domande mi hanno fatto visita e ho dato loro accoglienza, senza farle subito incontrare con risposte veloci ed esaustive. “La domanda e` figlia dell’ ignoranza -diceva Aristotele- ma la domanda e` anche madre della sapienza”. E allora rimango un missionario con tante domande, che ne pone anche qualcuna : “Tu di che squadra sei?”
Cosi` si puo` iniziare con i bambini ed ecco le risposte immediate, quasi gridate e sempre di parte “ Forza..... ( inserire qui il nome della squadra del cuore)”. Al bambino per essere tifoso non basta mettere in risalto la bravura dei giocatori della propria squadra, ma occorre parlare male delle altre squadre, soprattutto di quella piu` vicina, di quella della stessa citta`. Per un bambino e` normale fare cosi`, e noi grandi sorridiamo a quelle grida “Forza Inter, abbassa Milan” ( o viceversa).
Ma noi un po` piu` cresciutelli come e cosa “tifiamo’? Qual’e` la nostra squadra? Riusciamo ad accettare quelli della “squadra avversaria”? e mi riferisco alla “squadra” che e` la famiglia, qualsiasi gruppo di appartenenza, gruppo ricreativo o religioso, appartenenza politica o sociale. Sappiamo riconoscere di avere dei confini (di formazione intellettuale, culturale, politica, religiosa) e che queste frontiere vanno superate? C’e` l’accettazione del limite e la volonta` di un suo superamento? Ecco dove sta l’oltre confine, l’andare oltre; non e` questo forse essere missionari?
Vi sono infatti confini meno evidenti di quel 38 parallelo che taglia in due una nazione come la Corea, eppure piu` difficili da affrontare e superare. Chi e` dunque il missionario?
Quelle piccole vicende che non riempono certo le prime pagine dei giornali, ma le nostre giornate si`: incontri, piccole gelosie, conflitti in ambito familiare e con il compagno di ufficio, quei silenzi che occupano troppo spazio.. ( aggiungere qui a piacere, secondo la propria esperienza), tutto questo e` il confine, la frontiera, il limite.
Ed ogni qual volta con pazienza e perseveranza si cerca di andare oltre, nel superare il confine e` allora, si` proprio allora che si e` missionari. Quando quelle piccole forme di ostilita` vogliono essere occasione di possibile ospitalita`, e` allora che la nostra vocazione e` missionaria.
Tra le tante possibili domande , ti chiedo di accogliere questa ultima: “ Ma tu di che squadra sei?”                                                                                  
firmato
                                                                                 Un tifoso,  non ultras

2 comments:

giovannizevola said...

Una riflessione sul senso del nostro essere missionari nel quotidiano

Pasquale Castrilli said...

Grazie Giovanni. Quest'anno cominciavo a preoccuparmi perché non arrivava la 'famosa' lettera dell'ottobre missionario.
Sono convinto insieme a te di quanto sia esigente e liberante superare le frontiere.

Pasquale OMI
www.pasqualecastrilli.it