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ciao Giovanni

Friday, December 31, 2010

ASPETTANDO IL NUOVO ANNO


Ogni nuovo anno e’ carico di promesse e speranze. Aspettando il nuovo anno si fanno nuovi propositi e piccoli progetti: perdere qualche chilo di troppo con una buona dieta e qualche esercizio fisico, contattare o visitare amici che non vediamo da un pezzo, leggere qualche buon libro, visitare quella localita’… Piccoli progetti ma che dicono tutta la nostra voglia di ricominciare, di lasciarsi alle spalle il vecchio anno con la sua pesante quotidianita’ ed entrare invece nel nuovo anno con rinnovato vigore e con l’ augurio che sia migliore. Non mancano certo attivita’, incontri e feste per celebrare l’arrivo del nuovo anno, si va dalle cene tra amici ai veglioni di fine anno con tanto di balli e musiche.
Dalle mie parti si celebrava in maniera un po’ insolita: la notte di san Silvestro (ultimo giorno dell’anno) al suonare della mezzanotte la gente lanciava dalle finestre piatti e bicchieri vecchi, qualche stoviglia… Un modo piuttosto concreto di buttare via il “vecchio” e fare posto al “nuovo”, la voglia appunto di novita’, di ricominciare con rinnovato slancio.



Vi ricordate il film “Mission”? E’ la storia in particolare di due missionari gesuiti nelle missioni del Sud-America. L’ho rivisto tre-quattro volte ed ogni volta resto colpito dalla scena dove un missionario (Robert De Niro) trascina dietro di se’ un bagaglio che contiene la sua armatura di ex-soldato. Per gelosia aveva ucciso un suo amico ed ora come penitenza si trascina dietro la sua pesante armatura. La scena fa vedere questo ex-soldato che si arrampica lungo delle cascate ed ogni volta che il pesante fardello rotola a valle, scende giu’ a riprenderlo e ricomincia la salita. Alla fine sulla cima incontra un indigeno che con la spada gli si avvicina, solo per tagliare la corda che lo lega al suo passato. Il bagaglio precipita a valle e l’ex-soldato abbracciando l’indigeno scoppia in un fiume di lacrime liberatorie. Ora libero da quanto lo legava al suo passato puo’ ricominciare la sua nuova vita di missionario.



Cosa e’ che ci lega e ci impedisce di camminare in scioltezza? Il nostro passato puo’ divenire un pesante fardello che fatichiamo a trascinare con noi: incomprensioni, piccoli conflitti, gelosie…Tutto questo puo’ generare un senso di pesantezza e un blocco nelle nostre relazioni a livello personale, familiare e di comunita’. E allora?
Facciamo nostre le parole di san Paolo: “ Se uno e’ in Cristo e’ una creatura nuova, le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove” (2 Cor. 5, 12).
Quest’ anno cosa possiamo gettare dalla finestra? Liberiamoci di quanto ci ostacola nella nostra corsa verso la santita’. E con san Paolo gridiamo anche noi : “dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta” (Fil 3, 13).

Buon anno cosi’ !

Friday, December 24, 2010

L’ATTESA E POI LA SORPRESA!


Quante volte il desiderio ci ha portato altrove, in altri spazi, in altri mondi quasi a voler trovare quella pace e serenita’ che la vita quotidiana sembra negarci. E abbiamo immaginato la “vacanza da sogno” dove liberarsi da ogni stress e condizione; questo il tentativo di ognuno di noi e anche per chi, con animo religioso, ha guardato al “cielo” come spazio di liberta` ed armonia. Quando ci si sente pressati dall’andirivieni della nostra vita allora l’altro, il diverso, lo straordinario appaiono all’orizzonte come dolci sirene pronte ad appagare quel nostro desiderio di sfuggire all’ordinario. E’ il tempo dell’ attesa, che va dall’aspetto laico ( “ancora qualche settimana e poi finalmente le sospirate vacanze”) a quello piu’ religioso ( “un giorno il Regno di Dio sara’ realta’ piena”). Il tempo di preparazione al Natale e` proprio questa attesa di qualcosa di diverso o meglio di Qualcuno che venga dall’alto e con il profeta Isaia abbiamo guardato al cielo facendo nostra la sua invocazione: “Oh se i cieli si squarciassero e facessero piovere il Giusto”.
Da un parte il desiderio di altro, di cielo ed insieme la constatazione della difficolta`, della differenza appunto tra cielo e terra. Attesa di qualcosa di diverso, di straordinario, di un cambiamento radicale che nasce da un cuore insoddisfatto dal presente, da cio` che viviamo nelle relazioni con gli altri a cominciare da quelli piu` prossimi. Le insoddisfazioni come risultato delle nostre stesse ambizioni e la voglia d’altro appunto, espressa anche in un Dio che sia, almeno lui, “straordinario”.

L’avvento vissuto come attesa e poi il Natale che ci sorprende, perche’ troppo “ordinario”. Ai pastori alle prese con le occupazioni di ogni giorno, nella notte di veglia appare una grande luce e gli angeli indicano un segno che non ha niente di straordinario:             “ un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia”. Tutto qui? Dov’e` dunque il tanto sospirato diverso, l’altro, il celestiale?

Dall’attesa alla sorpresa; quella di un Dio che dall’alto dei cieli si rivela nel quotidiano, nell’ordinario. La Parola che si fa uomo, si fa carne, che e` la nostra debolezza, fragilita`, precarieta’. Il segno del Natale in quel bimbo che ha bisogno di accoglienza, di cura, di premure e attenzioni che solo lo sguardo di una Madre sa cogliere in profondita`. Accogliamoci dunque l’un l’altro nelle fragilita’ vissute, nelle disillusioni sperimentate e nelle fragilita’nascoste, in uno slancio che nasce solo dalla fede di chi scopre lo “straordinario” nel nostro quotidiano.
Buon Natale a tutti ed a ciascuno in particolare.

Saturday, December 4, 2010

COSTRUIRE PONTI



Il ponte di Brooklyn, il Golden di San Francisco, il ponte di Londra e per non andare troppo lontano i diversi ponti che attraversano Han River qui a Seoul. Oltre la loro bellezza i ponti hanno una funzione fondamentale: facilitare la comunicazione tra due sponde. Ogni qualvolta si incontra una distanza (fiume o valle) i ponti sono l’unico modo di superare le difficolta’ e danno la possibilita’ di comunicare tra luogi diversi.

Il popolo di Israele ha cercato di colmare la distanza con loro Dio; talvolta la relazione (“Dio e’ il nostro Dio e noi siamo il popolo da lui scelto”) ha subito delle incrinazioni e difficolta’ e per ristabilirla c’e’ stato bisogno della presenza e della azione dei profeti. Essi erano delle persone sceltre da Dio per parlare al suo popolo e ricordare loro il suo amore fedele. Ogni qualvolta il popolo si allontanava dal suo Dio era compito del profeta costruire dei ponti per ristabilire la relazione tra le due parti (Dio e il popolo di Israele). Costruire ponti significa facilitare la comunicazione e permettere alle persone di incontrarsi e nella conoscenza reciproca di superare le difficolta’, preconcetti e possibili incomprensioni.

Vi ricordate quanto avvenne non molto tempo fa quando i due Kim si incontrarono a Pyongyang e l’impressione che hanno suscitarono su tutti noi? La distanza creata in 50 anni (dalla guerra di Corea)  sembrava come colmata e questo perche’ i due presidenti erano stati capaci di costruire un ponte fatto di rispetto reciproco, accettazione e amicizia. Gli incidenti successi qualche settimana al confine tra le due Coree ci ricordano che la riunificazione del paese non e’ cosa facile da fare in un sol giorno ma ha bisogno di sforzi reciproci per superare distanze che rischiano solo di dividere ed isolare.
Consideriamo la nostra situazione dove ad esempio i lavoratori stranieri vengono in contatto tra loro e con la nostra societa’. Quanti sono i preconcetti, le incomprensioni e le difficolta’ legate al fatto che abbiamo una diversa storia, cultura e lingua? Certo ci sono le difficolta’ ma cosa facciamo per superarle? Stiamo cercando di costruire ponti fatti di comprensione reciproca in modo tale da accogliere l’altra persona con la sua differenza? Non cerchiamo grandi eventi quanto piuttosto i contatti quotidiani e le piccole esperienze, che possono consolidare le nostre relazioni.

Con il battesimo partecipiamo alla regalita’, sacerdozio e profezia di Cristo; la nostra e’ una vocazione profetica, siamo infati chiamati a costruire ponti!