MAXIME AUTEM AD DOMESTICOS FIDEI
“Si piglia gioco di me?” interruppe il giovine. “Che vuole ch’io sappia del suo latinorum?” Beh, spero solo che questa mia riflessione non produca su di voi una reazione simile a quella di Renzo nei Promessi Sposi al sentir don Abbondio arrampicarsi su espressioni latine cosi strane. La mia vuole essere solo un tentativo di riflessione sull’andare oltre e sul senso della missione. Quale possibile reazione poteva provocare una tale espressione nell’animo di un giovane seminarista alla ricerca di una vocazione missionaria che sembrava come d’improvviso sgorgare tra le rocce di una formazione cosi’ sistematica ed ordinata? I lunghi nove anni del seminario diocesano spingevano alle spalle e consolidavano l’impulso a forzare porte con le mani e spalancare lo sguardo insieme al cuore su distese oltre frontiera. La frase l’avevo letta su quel libro regalatomi da un Oblato che visitando i seminari si era imbattuto in quel giovane cosi’ ostinato e fermo nel volere superare “la frontiera”.
Poco riuscirono a fare l’affetto dei compagni, la stima dei formatori e le lacrime sui volti dei genitori per quel figlio che si entusiasmava all’oltre. Il libro raccontava la vita dell’allora beato Eugenio de Mazenod, quando anche lui si senti’ come afferrato da una tensione e trascinato a lasciare quanto sembrava solo a portata di mano (possibile matrimonio, carriera militare, contesto nobiliare). Superata l’indecisione , ecco Eugenio che entra in seminario, gli anni di formazione e l’amicizia con Forbin-Janson, anche lui fortemente animato da spirito missionario. “Coerenti con i loro ideali, una volta ordinati sacerdoti, Eugenio era tornato nella sua Provenza e Forbin-Janson era corso dal Papa per proporre un vasto programma di evangelizzazione della Cina. Il Papa gli aveva risposto in un modo che a Forbin-jJanson sara’ sembrato un freno, e che aveva invece incoraggiato e fatto esultare Eugenio; “Il vostro progetto di andare in Cina e’ buono, senza dubbio, ma prima di tutto occorre venire in aiuto delle popolazioni che ci sono d’attorno: maxime autem ad domesticos fidei. Occorrono, soprattutto in Francia, delle missioni al popolo e dei ritiri per il clero”. (cfr “Eugenio de Mazenod, un carisma di missione e di comunione” scritto dal nostro caro Fabio Ciardi).
“Maxime autem ad domesticos fidei” non era certo per me, perche’da me capita solo come attenzione ai propri, ai familiari, alla patria, ma io volevo fortemente andare oltre e come puledro annusavo solo l’aria d’oltralpe. Altri anni di formazione, lo scolasticato internazionale, l’esperienza di due anni nelle Filippine tra montagne ed isole remote e poi…finalmente la Corea. Ed ancora oltre, la ricerca di nuove forme di apostolato, i lunghi anni sulla strada con gli immigrati, e poi ancora oltre con la visita all’isola di Sakkalin (Russia), il caldeggiato e sospirato progetto d iniziare una missione da quelle parti, le parole incoraggianti del Padre Generale e poi la doccia fredda del Consiglio Generale, perche’ bisognava consolidare innanzitutto la nostra presenza in Corea. Ancora oltre con il lavoro di predicazione della Parola di Dio attraverso conferenze, ritiri seminari e quant’altro a preti, religiosi e laici. Quante frontiere all’esterno, superate in parte e altre ancore da superare; si’ ma verso dove?
“Maxime autem ad domesticos”…. Vi sono altre frontiere e sono quelle dentro di noi, piu’ vicine, intime e forse percio’meno visibili e perche’ no? piu’ difficili da oltrepassare. Quanto vero quello che Agostino scopre dopo tanto vagare, scoppiando in quell’esclamazione : “Ti ho cercato fuori di me e Tu eri dentro di me, piu’ intimo a me di quanto io lo sia a me stesso!”. Ecco il primo “domestico” verso cui innanzitutto dirigersi risolutamente, quando si ha come la grazia di percepirne come il sussurro e ci si scopre afferrati da una inquietudine che non ti lascia piu’ tranquillo. Mi viene difficile esprimere quanto vado avvertendo sempre piu’spesso, che cioe’ il missionario ha bisogno di sapere e sperimentare CASA, e di farvi ritorno spesso, perche’ le possibili molteplici frontiere sono solo rimandi, echi, profumi, sapori di quanto e’ OLTRE e paradossalmente INTIMO. Eccomi allora ancora una volta alla ricerca verso un’ultima frontiera; che sia questo il vero cammino della santita’?
P. Giovanni Zevola omi